24 aprile 2009

Sette giorni in Tibet


Tashi Delek!

Altra missione compiuta: sono tornata a Kathmandu qualche giorno fa dopo un’incredibile settimana passata in Tibet.

La missione “SETTE GIORNI IN TIBET” è stata un’esperienza viaggio-nel-viaggio assolutamente fuori da qualsiasi concezione di spazio e di tempo; il Tibet è l’altopiano più alto al mondo, arriva ai 4000m e il paesaggio che lo caratterizza è il deserto!!! Sì, il deserto! non c’è sabbia, la vegetazione praticamente è inesistente, questo paesaggio mi ha ricordato molto la regione del Mustang che ho attraversato durante il trekking dell’Annapurna. Infatti me l’avevano detto che la zona settentrionale del Nepal è molto simile al Tibet e mi avevano parlato di deserto, ma sinceramente mi era difficile immaginare il deserto a quelle altitudini!! Ora ho capito cosa intendevano con quelle parole e vi assicuro che è uno spettacolo mozzafiato! Deserto di montagne, laghi color turchese, visuale a 180 gradi, aria secca, cielo immenso, nuvole enormi, luce fortissima, raggi del sole bollenti, ghiacciai e passi a 5000m.

Prima di partire, mi sono informata in diverse agenzie e sono andata direttamente all’ambasciata cinese qui a Kathmandu per capire come ottenere il visto come viaggiatrice individuale, ma l’unico modo per entrare in Tibet dal Nepal è partecipare a un viaggio organizzato; non c’è altra scelta, i cinesi sono categorici! Anche se l’idea non mi esaltava particolarmente, ho deciso comunque di partecipare, perché questa sarebbe stata l’unica possibilità che avevo per visitare finalmente il Tibet e Lhasa “la città proibita”.

Siamo partiti da Kathmandu con un piccolo pulmino che ha impiegato 6 ore per raggiungere il confine col Tibet. All’ufficio immigrazione del Nepal: timbro di uscita sul passaporto, qualche controllo, qualche passo e puff!! La Cina!! Ho attraversato il Ponte dell’amicizia che unisce fisicamente i due confini e ho provato la stessa identica sensazione che ho provato quando ho attraversato il confine Israele/Giordania: un’emozione incredibile. L’atmosfera che si respira dopo il ponte, dentro l’ufficio immigrazione è molto austera: telecamere ovunque (cosa impensabile in Nepal), militari impettiti in divisa verde e severi controlli ai passaporti e ai bagagli. E’ assolutamente proibita l’introduzione in Cina di libri, fotografie e qualsiasi oggetto che possa far riferimento al Dalai Lama e ovviamente è assolutamente proibito parlare di lui e del governo , non si possono fotografare i militari e i palazzi governativi. Detto questo, hanno sfogliato tutti i libri e guide che avevamo con noi per controllare la presenza di materiale “probito”. Dopo i lunghi e severi controlli ero ufficialmente in Tibet. Wow!

Sulla strada, poco lontano ci attendevano le 4 jeep sulle quali avremmo percorso i circa 850km dell’Autostrada dell’amicizia (The Friendship Highway) che collega direttamente Kathmandu a Lhasa. Spettacolare!
Raggiungere Lhasa in jeep è stato come essere dentro ad un documentario: strade lunghissime che attraversano il Nulla e il deserto. Ogni tanto qualche piccolo villaggio tibetano, contadini, donne e uomini con vestiti tradizionali, bandiere cinesi. Sulla strada per Lhasa ci siamo fermati in due città: Shigatze e Gyantse che ospitano due dei più importanti monasteri del Tibet. L’atmosfera che si respira lì dentro è fuori dal tempo: monaci che pregano, che suonano strumenti tipici, forte odore di incenso e di cera. Pellegrini che incuriositi smettono di pregare, ci guardano e ci sorridono. In queste città e anche a Lhasa, l’atmosfera profondamente mistica e spirituale si unisce a tradizioni religiose antichissime ed è in stridente contrapposizione con la modernità “gentilmente concessa” dai cinesi. Conoscendomi, potrete sicuramente immaginare la mia posizione in merito all’occupazione cinese del Tibet, ma questa è un’altra storia…

Dal passo del Karo-La (ca. 5100m), abbiamo potuto ammirare la catena himalayana dal lato tibetano, con lei anche il maestoso Everest e paesaggi indescrivibili! Abbiamo impiegato 4 giorni per raggiungere la “città proibita” e che impatto! Prima di partire non riuscivo ad immaginarmela, quindi non avevo aspettative e perciò mi sono fatta totalmente sorprendere e trasportare dal suo fascino! Lhasa è il luogo più esotico e più “lontano” nel tempo che io abbia mai visto! Si respira un’atmosfera di tradizioni che fondano le loro radici in storia antichissima; donne, uomini e giovani pregano e camminano lungo il Kora (percorso dei pellegrini) attorno all’imponente Palazzo del Potala, residenza ufficiale del Dalai Lama, in esilio ormai da anni a Darhamsala in India. Uomini e donne pregano girando la ruota della preghiera, recitando continuamente mantra, altri si prostrano meccanicamente per ore davanti al palazzo sacro. I tibetani sono un popolo molto religioso e ciò si percepisce ovunque. Credo che i tibetani non siano ancora abituati al turismo di massa, perché ci osservavano molto incuriositi e alcuni molto timidamente cercavano di parlarci anche se non conoscevano l’inglese. La frase più ricorrente era “Hello, good bye, I love you”. Per gioco, io e una ragazza francese siamo entrate in un negozio di abiti tradizionali, accompagnate da due timide ragazze tibetane conosciute a Lhasa, per provare qualche abito, fare qualche foto e divertirci un po’. Io e la ragazza francese siamo improvvisamente diventate delle star, l’evento di quella giornata. Donne e uomini di tutte le età passando davanti al negozio, ci hanno viste e si sono fermati per un po’ osservandoci stupiti e contenti! Chiaramente era difficile comunicare, ma molti, in segno di apprezzamento, ci hanno mostrato il pollice alzato ! Spettacolare! Quante risate ci siamo fatte! E’ stata un’esperienza molto divertente.

Abbiamo lasciato Lhasa in aereo. Il volo di un’ora Lhasa – Kathmandu ci ha regalato splendidi paesaggi sul deserto prima e sulle montagne poi, tra le quali spiccava sempre lui: l’onnipresente Everest!!! Questa volta però l’ho visto dall’alto!!! Tornare a Kathmandu è stato uno shock! Il Tibet e soprattutto Lhasa sono abbastanza puliti, il cibo è sicuro, le strade non sono sporche, non ci sono mendicanti in giro, ci sono moderni palazzi di vetro nelle zone cinesi e tornare a Kathmandu è stato molto strano. Inquinamento, sporcizia, caos; insomma proprio come il giorno e la notte, proprio come Zurigo e la periferia di Calcutta. Spero di aver reso l’idea, perché tra Lhasa e Kathmandu c’è un abisso, è c’è un’enorme differenza anche tra tibetani e nepalesi, due popoli vicini di casa, ma incredibilmente lontani gli uni dagli altri. Sono stata solo una settimana in Tibet, troppo poco tempo per capire bene la sua gente, ma se devo essere sincera preferisco i nepalesi, sono troppo rilassati, un po’ lenti, curiosoni, ma sempre gentili, cordiali, ospitali e straordinariamente sorridenti. I tibetani a volte, soprattutto i più poveri sono un po’ aggressivi e cercano di fare di tutto per venderti una collanina o un braccialetto o qualsiasi altro gadget. Spuntano fuori dal nulla, soprattutto quando abbiamo attraversato i passi e ti si incollano addosso e non ti lasciano più…

L’unico modo che ho per spiegarvi il Tibet non sono le parole, ma sono alcune foto che vi spedirò presto. Spero che queste riusciranno a trasmettervi le forti emozioni che quella terra lontanissima mi ha saputo regalare.

Per il resto io sto benissimo, vado spesso dai bimbi alla casa famiglia e sto partecipando a campi medici nella valle di Kathmandu. Sebbene non abbia conoscenze mediche, partecipo lo stesso ai campi perché sono un’esperienza umana davvero indescrivibile. Che bello poter aiutare chi ha bisogno!!

Vi abbraccio forte,
Paola Miss

04 aprile 2009

The Annapurna Experience


Tashi Delek!!

È tantissimo che non vi dedico un po’ di tempo, che non vi aggiorno e che non vi racconto di Paola in Nepal, ma sono tornata a Kathmandu solo pochi giorni fa. Io sto bene, benissimo. Finalmente trovo il tempo necessario per scrivervi, per raccontarvi la spettacolare avventura tra le maestose Montagne: “The Annapurna Experience”. Io e il Preto abbiamo impiegato 18 giorni, 80 ore di trekking per percorrere i 220km del circuito dell’Annapurna!!!! E abbiamo attraversato il passo più alto al mondo: il passo del Thorung-La 5416m!!!!

Wow!! E’ stata un’esperienza/avventura indimenticabile, emozionante, faticosa, a volte faticosissima a causa del freddo tagliente, delle ripide salite, dei percorsi poco agibili e della parziale mancanza di ossigeno ad alta quota. La nostra “gita” è cominciata a Bhulbhulè (880m) e da questo piccolo villaggio abbiamo cominciato a salire camminando in media 4/5 ore al giorno. Ogni mattina sveglia ore 6.30, colazione e partenza.
“The Annapurna Experience Team”: Madhu, la nostra guida, un ragazzo di 26 anni molto sveglio, con un buon inglese. Ram, il nostro portatore, un simpaticissimo nepalese sempre sorridente, senza il quale la nostra avventura non sarebbe stata possibile! E poi Preto e Paola, i trekker. ;-)!
Per i primi 10 giorni siamo sempre saliti, da 880m dovevamo raggiungere i 5416m. Durante questo trekking abbiamo attraversato tantissimi villaggi, dormito in rifugi, visto paesaggi mozzafiato!! Fino ai 3800m la vegetazione era molto fitta, foreste di abeti e tanto splendido verde, che spiccava sullo sfondo del cielo blu e delle vette innevate dell’Himalaya! Oltre i 3800m la roccia, il deserto, colori irreali, luce luminosa, laghi color turchese, cascate. Oltre i 4500m terreno lunare, cieli di un colore blu mozzafiato, ghiacciai possenti, sassi, cascate, freddo. Oltre i 5000m, il Paradiso!! Impossibile descrivere l’emozionante bellezza del Nulla!! Non dimenticherò mai, per tutta la mia vita il decimo giorno di trekking, ovvero il nostro “Big Monday” – un lunedì da leoni! Quella mattina ci siamo alzati alle 3, era infatti arrivato il grande giorno, il giorno che aspettavamo da tempo, il giorno della grande sfida: l’attraversamento del passo più alto al mondo, il passo del Thorung-la 5416m.
La notte passata a Thorung Phedi (4450m), prima di affrontare l’attraversamento del passo, è stata per me la più difficile di tutto il trekking, la camera non era ovviamente riscaldata e il mio corpo, dentro il sacco a pelo, non riusciva ad abituarsi al freddo glaciale che lo stava avvolgendo. Era freddissimo! Inoltre la parziale mancanza di ossigeno mi ha reso il sonno ancora più difficile. Siamo partiti alle 4, buio assoluto, freddo tagliente e notte cristallina. Siamo partiti da 4450m e saremmo dovuti salire di circa 1000m. Sono servite ben 5 ore per raggiungere il passo! Era impossibile fare passi ampi, non solo a causa del ripido e impegnativo sentiero in salita, ma perché nell’aria c’era pochissimo ossigeno. Respirare era diventato difficile come camminare. Avanzavamo talmente lentamente che sembrava di essere sempre fermi; grazie a 2 giorni di acclimatizzazione fatti precedentemente, non abbiamo fortunatamente accusato il mal di montagna.
Abbiamo camminato sul tetto del mondo!!! Le maestose vette innevate erano lì vicino a noi! Le potevamo toccare con un dito!! Mi sono sciolta in un pianto inarrestabile davanti al sole che sorgeva dietro a quei massicci bianchi, indescrivibilmente grandi, enormi, mozzafiato!!! L’alba ha trasformato quella notte buia e gelida in uno degli scenari più spettacolari che io abbia mai visto in tutta la mia vita! La bellezza di quelle maestose montagne glassate, la luce quasi abbagliante del giorno che nasceva mi hanno tolto il fiato….in tutti i sensi ;-). E lì, davanti a quel dipinto perfetto improvvisamente non sentivo più il freddo, non sentivo più la stanchezza e la fatica, NO!! In quel momento ero talmente abbagliata da quello spettacolo, che il resto non contava nulla. Senza parole! Quando, dopo diverse ore, abbiamo finalmente raggiunto il passo del Thorung-La (5416m), ero già abbastanza stanca, ma dovevamo per forza scendere, il villaggio più vicino era Muktinath, a 3800m!!!! C’erano quindi ancora tanti kilometri in discesa prima di potersi finalmente rilassare!
Credetemi, attraversare il passo del Thorung-La è stata una conquista personale, un’esperienza assolutamente indimenticabile, una vittoria, un’emozione fortissima; ora posso davvero dire di aver toccato il cielo con un dito!!
Non ci siamo fermati troppo a lungo sul passo a causa del freddo e del vento tagliente, ma soprattutto perché avevamo ancora tantissima strada prima di arrivare a destinazione. La discesa è stata allucinante e interminabile, abbiamo infatti impiegato altre 6 ore per scendere di circa 1600m!!! e la stanchezza si faceva sentire. Quando dall’alto ho visto giù lontano nella valle il villaggio di Muktinath, la nostra destinazione, credevo fosse un’allucinazione. Ero stremata, stanca, verso la fine non avevo più il controllo delle mie gambe che ormai camminavano da sole. Arrivati a Muktinath dopo ben 11 ore di cammino in salita e in discesa siamo crollati dalla stanchezza. Questo è stato in assoluto il giorno più faticoso della mia vita: non ho messo a dura prova solo il mio fisico, ma anche e soprattutto la mia capacità di controllarmi, di adattarmi anche alle situazioni più impegnative, più dure, di resistere e stringere i denti anche quando il mio fisico ormai non rispondeva più ai comandi. Questa giornata la ricorderò per sempre come una vittoria, un record personale, il mio Sogno!!!
Durante gli otto giorni successivi al Thorung-La, siamo sempre scesi, ci siamo quindi lasciati alle spalle quei paesaggi rocciosi e desertici che caratterizzavano l’alta quota e mi sono sentita un po’ più vicina alla civiltà. Vi ricordo che per i primi 10 giorni non abbiamo mai visto macchine, non esistono infatti strade percorribili da auto, muli e cavalli sono l’unico mezzo di trasporto, non abbiamo mai fatto una doccia calda, abbiamo sempre dormito in camere-frigorifero, sempre e solo mangiato riso. A Muktinath invece abbiamo visto qualche jeep e scendendo questa scena è diventata sempre più comune. Le prime volte mi sembrava davvero strano che quel silenzio, che ci aveva accompagnato per i primi dieci giorni, potesse essere disturbato da un rombo di una jeep. Mi ero talmente abituata ad un mondo senza macchine che ora mi sembrava strano vederne e sentirne alcune.
Abbiamo impiegato 8 giorni per scendere fino a Nayapull (1000m) dove, dopo 18 avventurosi giorni nelle zone più remote del Nepal, si è conclusa la nostra indimenticabile gita “The Annapurna Experience”. A Nayapull abbiamo preso un autobus locale per raggiungere Pokhara, dove ci saremmo fermati una notte prima di ripartire per Kathmandu. Salire su un autobus è stato stranissimo, non erano le mie gambe a portarmi da qualche parte, ma un autobus!!
Non sono mai stata a Las Vegas, ma la sensazione di stupore che ho provato io a Pokhara, dopo quasi 3 settimane passate in mezzo al Nulla, deve essere probabilmente la stessa che proverei camminando lungo i grandi viali di Las Vegas: ristoranti, insegne luminose, cafè, pub, telefono, internet, macchine, moto, cibo di tutti i tipi e in albergo addirittura biancheria pulita e acqua calda!! Che lusso! Abbiamo concluso la nostra avventura a cena, insieme a 4 ragazzi australiani che avevamo conosciuto durante il trekking e che con grande piacere, abbiamo incontrato casualmente a Pokhara.
Siamo tornati a Kathmandu il pomeriggio del giorno seguente, dopo un viaggio in autobus allucinante e lunghissimo. A Kathmandu ci siamo finalmente sbarazzati dei nostri vestiti da trekking ormai poco profumati e poco puliti e dopo una doccia, ci siamo rilassati sul balcone in maglietta e pantaloni leggeri, parlando e ripensando ancora increduli all’avventura indimenticabile appena terminata.

Presto vi invierò qualche foto dell’Annapurna Experience, così anche voi potrete toccare il cielo con un dito! ;-)

Un abbraccio grande come l’Himalaya!
Paola trekker ;-)